C’è un abito che indossiamo appena veniamo al mondo è un abito che non passa mai di moda, che cambia insieme a noi, che deve essere lavato, curato e osservato. È un abito magico, perché parla attraverso colori, odori, immagini astratte che in realtà riguardano disagi concreti. Quest’abito è la nostra pelle.
È l’organo del tatto, quello che per primo ci fa sentire parte di qualcosa di più grande, oltre a noi. Attraverso il tatto e la pelle scopriamo che il mondo ha diverse consistenze, più o meno piacevoli, e impariamo a riconoscere che se qualcosa non ci convince “a pelle”, forse non va bene per noi.
La pelle può essere considerata simbolicamente un “confine” in quanto rappresenta l’organo che delimita il nostro corpo, impedendo a ciò che è dentro di disperdersi al di fuori e ciò che è fuori di entrare. Disegna il nostro profilo nello spazio e, così facendo, il nostro corpo pone dei confini rispetto al resto del mondo.
La pelle ha uno strettissimo legame con la parte più vera e profonda di noi stessi. All’inizio della nostra vita, la pelle e i nervi sono intimamente legati. La cute, infatti, deriva dallo stesso gruppo di cellule in cui si sviluppa il sistema nervoso.
La nostra pelle coglie sensazioni e stimoli che vanno in profondità, al fine di riprodurre emozioni e pensieri, che a loro volta regolano la vita stessa della pelle.
I problemi legati alla pelle sono a volte difficili da curare, proprio perché hanno una componente emotiva complessa e profonda, che richiede uno sforzo notevole per essere affrontata e soprattutto accettata. È un percorso di conoscenza di sé, di coraggio nel guardare in faccia situazioni scomode a volte, di assumersi la responsabilità di chi siamo e di cosa proviamo a dispetto del giudizio degli altri.
Molte volte i disturbi legati alla pelle si possono ricondurre a sensazioni di rifiuto, abbandono, svalutazione o incomprensione degli altri verso di noi o di noi verso noi stessi. Riguardano anche una collera non espressa, il senso di colpa per non essere perfetti, per non sentirsi all’altezza delle aspettative altrui o personali, e così via. E allora cosa accade? Si palesa il disagio a “fior di pelle”!
Per questo io Dermatologo, deve spingermi con delicatezza nel vissuto emotivo della persona interessata, perché non si tratta solo di analizzare la situazione, ma anche di capire da dove deriva.
La pelle non è organo di compromesso. Ti mostra le cose, e non ti permette di non vederle, te le lascia lì in bella mostra. Lei è paziente, sa che prima o poi quel messaggio sarà codificato in nome della guarigione e della crescita personale.
La consapevolezza è la chiave per superare ogni ostacolo, l’amore per sé stessi l’unica medicina.