Un’immagine vale mille parole e può essere decisiva per una campagna pubblicitaria. Aggiungere immagini esplicite di casi clinici alla propria pagina social è uno dei modi migliori per ottenere successo, le foto possono raccontare una storia, ispirare emulazione e invitare all’azione.
Gran parte dei miei colleghi posta immagini di casi clinici prima e dopo il trattamento l’intervento estetico, è quello che viene richiesto da potenziali pazienti che vogliono vedere i “risultati” (si spera sempre veritieri), prima ancora di capire davvero a chi è il caso di rivolgersi.
La libertà di ognuno non è ovviamente in discussione.
Tuttavia, il medico in generale ha sempre a che fare con pazienti che si trovano in una situazione di sofferenza fisica, psicologica o spirituale. Nel caso dell’estetica medica, a mio avviso, si fa un uso sconsiderato di immagini prima e dopo trattamento, sarà perché sono risultati tangibili…non ci sogneremmo mai di chiedere al cardiochirurgo di postare l’immagine del prima e dopo bypass! Ci informiamo su chi sia il migliore e ci rechiamo in visita per comprendere nel dettaglio cosa accadrà di noi.
Perché questo concetto non è riproducibile in estetica medica? Ogni trattamento è personalizzato ed ogni risultato ha moltissime variabili… Io da medico, non pubblicando il caso clinico, mi sento di rispettare il paziente in quanto persona che sceglie di sottoporsi ad un trattamento non salvavita, ma che allevia il suo disagio emotivo che ha ripercussioni globali sulla persona, sulla sua scala di valori, sul suo progetto di vita, sulla sua vita di relazione, sulla sua capacità lavorativa, ecc.
Tutte le immagini di persone presenti sui miei social e sul sito web sono quelle di modelle/i, casi ufficiali pubblicati in ambito scientifico e pertanto autorizzati, immagini con diritto d’autore indicative della problematica trattata o di cui si vuole informare.
CODICE DEONTOLOGICO Art. 56 – “Pubblicità informativa sanitaria”
La pubblicità informativa sanitaria del medico e delle strutture sanitarie pubbliche o private, nel perseguire il fine di una scelta libera e consapevole dei servizi professionali, ha per oggetto esclusivamente i titoli professionali e le specializzazioni, l’attività professionale, le caratteristiche del servizio offerto e l’onorario relativo alle prestazioni. La pubblicità informativa sanitaria, con qualunque mezzo diffusa, rispetta nelle forme e nei contenuti i principi propri della professione medica, dovendo sempre essere veritiera, corretta e funzionale all’oggetto dell’informazione, mai equivoca, ingannevole e denigratoria.
Il segreto professionale vige per tutti i fatti relativi al trattamento del paziente; quindi, a tutto ciò che il medico è venuto a sapere da una persona nel quadro della sua attività professionale.
Il segreto professionale impone a medici, dentisti, farmacisti, persone attive in ambito terapeutico e al loro personale di mantenere il silenzio: senza il consenso del detentore del segreto (ossia del paziente), non possono trasmettere a terzi né oralmente né per iscritto informazioni protette, neppure a membri della famiglia o ad altri medici.
Il paziente può liberare il medico dal segreto professionale e consentirgli così di comunicare determinate informazioni. Molto spesso questo non avviene. Se il paziente non dà il suo consenso, ed il medico pubblica immagini che lo ritraggono, il primo, può essere perseguito per legge.
I medici professionisti non potrebbero utilizzare immagini dei pazienti di “default”, dal momento che, per ragioni connesse alla tutela dell'immagine e, in particolare, alla privacy, è necessario chiedere ai pazienti uno specifico permesso preventivo, informandoli in maniera trasparente e completa sugli usi a cui le immagini, in caso di consenso, sarebbero destinate.
I casi delle mie pazienti che hanno autorizzato l’uso della loro immagine, possono essere visti in studio durante la prima visita conoscitiva, ma quasi nessuno me lo chiede in quanto, gli strumenti diagnostici che utilizzo, forniscono l’idea del risultato ottenibile sulla propria persona.